Mancava una firma nello chassis del Mac, Jay Elliot l’ha messa

04/04/2011 07:03 CET

di Fabio M. Zambelli

00000a_fotonews001Si è concluso l’estenuante tour italiano dell’autore della biografia non autorizzata sul CEO di Apple, sabato Jay Elliot si è ricongiunto con i computer della sua epoca in Apple.
E’ stata una settimana complessa quella appena trascorsa per Jay Elliot, tra Milano, Bologna, Roma ed ancora a Milano. Le presentazioni italiane del suo libro su Steve Jobs hanno vissuto l’ultimo atto sabato pomeriggio, presso la libreria dell’editore Hoepli nel centro cittadino.

L’incontro con i blogger, giornalisti, curiosi e lettori, il giorno dopo il compleanno dei 35 anni di Apple, è stato anche il momento di un interessante ricongiungimento tra l’ex dirigente voluto da Steve Jobs ed i computer di quegli anni (Elliot se ne è andato nel 1986).

I rappresentanti del Politecnico di Torino hanno portato ad Elliot parte della collezione di computer di Marco Boglione, un danaroso appassionato d’informatica che si sta dando da fare per raccogliere pezzi storici e magari rari.

Elliot, francamente, ipotizza molto su quello che è successo ad Apple ed al suo co-fondatore Jobs negli ultimi anni. Ma sul passato ne sa molto. Sa anche che Steve Jobs non l’ha presa bene quando gli uomini di sua fiducia gli hanno voltato le spalle quando Apple aveva dato il ben servito al fondatore dell’azienda. Pochi lo avevano seguito nell’avventura di NeXT ed anche Elliot non si era fidato.

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E’ un po’ difficile vederle ma, all’interno dello chassis del Macintosh si possono leggere le firme del team che aveva realizzato quel computer. Poiché non si è trovata quella di Jay Elliot, gli è stato chiesto di aggiungerla con un pennarello (al’esterno).

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Chiuso in una sicura teca in plexiglass c’è lo storico e prezioso Apple I comperato dal collezionista italiano, con l’ambizione di creare il primo museo del computer in Italia. Qualcuno lo avrà già visto poche settimane fa in occasione del sanremoEXPOmusic.

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L’Apple I nudo e crudo (più che mai, visto che nemmeno aveva un contenitore) per funzionare aveva bisogno del software ed Apple ha venduto il primo per 666,66 dollari ed il secondo per 75 dollari (su cassetta audio). Tutto il resto erano più o meno “affari loro”, ovvero di chi si azzardava a comperare quel primordiale personal computer. Steve Jobs suggeriva a chi voleva quella scheda piena di chip di collegare il computer con un monitor Sony TV115 (che forse nemmeno era un monitor ma un semplice televisore, per ammissione di Jobs) e la tastiera prodotta da Datanetics di Fountain Valley. Ulteriori notizie sarebbero arrivate in gennaio o febbraio 1977.

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34 anni dividono queste lettere. A sinistra c’è quella con cui Steve Jobs accompagnava la vendita/spedizione dell’Apple I, dagli uffici di allora a Palo Alto ad una società del Montana. A destra quella di congratulazioni dell’altro co-fondatore di Apple, Steve “Woz” Wozniak, al compratore “eroe” Marco Boglione, che ha speso 155.500 euro per il raro Apple I all’asta da Christie’s.

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