Perché

23/10/2011 00:01 CET

di Fabio M. Zambelli

00000a_fotonews001Se volete sapere per quale ragione l’avventura di setteB.IT finisce qui, visto che noi ai lettori dobbiamo tutto, eccovi ancora qualche riga per illustrare la situazione. Aggiornato.
Dopo 11.799 articoli ed oltre 200 gallerie fotografiche, in questi 5 anni e 10 mesi, nel giorno del decimo compleanno dell’iPod, setteB.IT chiude.

Negli ultimi giorni la redazione è stata travolta da affettuose richieste di spiegazioni del gesto, sommersa da preghiere di ripensarci, emozionata da complimenti e poi non sono mancati i rumorosi silenzi (tanto erano stati individuati da un pezzo i veri amici).

Per il sito l’argomento era già chiaro fin dal cambio della guardia del CEO di Apple e, con il lunghissimo post precedente, quello dedicato interamente alla scomparsa dell'”immortale” Steve Jobs, è stata mantenuta la promessa.

Il sottoscritto, che per questa volta si concederà un po’ di scrivere in prima persona, ha redatto il 99% degli articoli che avete sempre letto. Dovete sapere però che, in questi anni, da un manipolo di amici (come Carlo, Chiara, Walter e Fabio, ma anche Camillo, Francesco, Riccardo e tanti altri), sono arrivate notizie, idee, correzioni, precisazioni, suggerimenti, traduzioni, indiscrezioni e quant’altro. Tutto fondamentale per rendere giornalisticamente credibile quello che abbiamo verificato e poi scritto.

Non per niente setteB.IT non è stato un blog che si apre senza alcuna responsabilità di quello che pubblica sul web. Dopo aver abbandonato con gioia una carogna che già puzzava di putrefazione nel 2005 (figuriamoci oggi), ho fondato senza compromessi questa mia testata, l’ho voluta registrare regolarmente al Tribunale di Milano, il quale ha voluto che mi iscrivessi come impresa alla Camera di Commercio, la quale però voleva per forza la Partita IVA. Li ho accontentati tutti, mi sono sommerso di scartoffie, ho fatto file in uffici con l’intonaco che si scrostava, ho atteso tempi inutili, ho pagato bolli e tasse, solo per alimentare questa schifosa burocrazia italiana.

Nel 2006 setteB.IT ha iniziato a scrivere di Apple, di hi-tech e di Internet, senza lettori. Siamo partiti dallo zero assoluto, anche perché il sito per il quale avevo lavorato con tanta passione per oltre 7 anni nemmeno mi aveva concesso i saluti e l’arrivederci ad altrove. Lo stesso che, anni dopo (sempre in ritardo), ha pure tolto il mio cognome dai migliaia di articoli e reportage, i quali ancora sopravvivono in quello sgangherato archivio delle news storiche. [UPDATE: solo dopo la pubblicazione di questo post si è fatta viva una delle 2 teste divergenti del dragone e mi ha riferito di aver rimesso il cognome ai vecchi pezzi, tolto per errore, tra i tanti fatti]

Non importa. Ad 1 ad 1 setteB.IT ha raccolto sempre più consensi, ma soprattutto genuini. Il passaparola e qualche altro raro sito straniero (si stupivano che le notizie potessero arrivare anche da fuori gli Stati Uniti, ahinoi) ci hanno aiutato a raccogliere i consensi che abbiamo avuto fino a pochi giorni fa. Guardate a fondo pagina come Google Analytics disegna la crescita delle pagine che il server di setteB.IT ha servito ai nostri lettori, i picchi su esclusive straordinarie hanno fatto della testata qualcosa di assolutamente affidabile, riconosciuto in tutto il web. Invidiosi siti italiani esclusi, con rarissime eccezioni.

Io ed i miei collaboratori fidati saremo certamente diventati ricchi con questo rigore morale, con queste notizie puntuali, con questi reportage, con questi viaggi interamente auto-finanziati, con quest’indipendenza assoluta? No.

Nemmeno fossimo la squadra di basket Virtus Roma, setteB.IT ha caricato sulle proprie pagine banner pubblicitari di network che hanno prodotto assolutamente il nulla di entrate, ma almeno ero io a scegliere cosa pubblicizzare e non ci siamo affidati ai signori del monopolio di Google, che avrebbero avuto la libertà di mettere nei nostri spazi qualunque immondizia di prodotto: dalle farmacie online ai falsi prodotti di moda, dai PC che nessuno dei nostri lettori avrebbe comperato ai siti di scambi di coppia. Vi abbiamo risparmiato tutto ciò.

In compenso Google, in questi anni, non ha mai voluto accettare la richiesta formale di setteB.IT di far parte del ricco aggregatore di notizie Google News (che accoglie, francamente, cani e porci), pur avendone tutti i requisiti (eventualmente anche come Schnauzer o Cinta senese). Nessun essere umano di quell’azienda risponde ed allora ho cercato direttamente i country manager, che ho incontrato solo in occasione di qualche convegno. Quello precedente e l’attuale, di persona, si sono dimostrati schivi ed impermeabili a qualunque preghiera di non fare le cose scorrettamente, per carità nemmeno il biglietto da visita hanno preso ed il muro di gomma dell’ufficio stampa ci ha solo sfruttato quando voleva far propagare i loro comunicati.

Così si comporta Google e le alternative non sono facili da trovare, non solo perché molte agenzie pubblicitarie sono ormai collegate a Google ed altre non accettano di avere clienti che li paghino per trovare sponsorizzazioni, se non saranno assicurati milioni di euro di fatturato. Puntate sempre più in alto, bravi, farete un tonfo enorme quando cadrete da lassù.

Lo scopo di setteB.IT non era certo quello di fare soldi, ma avrebbe aiutato a farmi credere di essere utile a qualcuno con questo lavoro. Invece mi sbagliavo, per la prima parte. Fossero arrivati 50 euro non sarebbero stati così soddisfacenti come il supporto continuo dei lettori e l’exploit finale dei vostri messaggi. Fossero arrivati 50 euro avrebbero anche messo nei guai questa testata e questa partita IVA, forzosamente aperta. Se qualcuno non lo sa in questo paese esistono gli studi di settore ed essere “editori”, oltre ad essere erroneamente scambiati dal modernissimo fisco per stampatori di biglietti di cartoline, calendari e libri (e ci chiedono conto di quante rotative abbiamo nella nostra sede), impone di guadagnare a livelli improponibili per la dimensione della società. Probabilmente qualche zelante accertatore, prima o poi, mi farà sanzione perché non ho incamerato cifre a 6 zeri con tutti quei calendari da camionisti che avrò certamente stampato, dovrò pure dimostrare io di non averle guadagnate con questa attività. L’Italia è un paese che lascia liberi gli evasori e fa temere il guadagno a chi mira al lavoro onesto.

Non era per denaro che tutti i giorni su setteB.IT potevate leggere le notizie più credibili, più fresche e meglio verificate su Apple. Citando sempre le fonti.

Fare giornalismo a questo livello in Italia non premia. La meritocrazia l’avete apprezzata solo voi. Invece balle, scorrettezze ed ignoranza la fanno da padrona. Specialmente se arrivano dalle agenzie stampa, che i giornali “importanti” usano per lavorare il meno possibile e pagare meno “collaboratori”. Peccato che in Italia queste testate siano specializzate in propagazione di errori ed insabbiamento degli stessi, quando non usate impropriamente da società e personaggi che hanno bisogno di comunicare quello che sta loro a cuore (mai sentito dire “domani faccio un’ANSA con la mia dichiarazione”?).

In più, Apple non rende facile fare questo lavoro a tutti quelli che credono di avere il diritto di farlo. Sembra che meno si occupino della società di Cupertino e meglio sia. Non per i pochi incensati, scelti non si sa bene se a Londra, Cupertino o dove e che portano solo quantità, spesso nessuna qualità. Misurare in centimetri quadrati o colonne, il giorno dopo di eventi ai quali solo la stampa mainstream è invitata, lo spazio che Apple ha ottenuto sulle pagine, è un calcolo zoppo. Nel Vecchio Continente Apple non sembra tener conto dei blog, sicuramente non tiene conto di quelli non scritti in inglese.

Non siamo il Jim Dalrymple di turno, che prima di fondare il suo autonomo The Loop (sempre pieno di prove in anteprima e dichiarazioni ufficiali di Apple, che qui abbiamo rinunciato a chiedere dopo aver accertato un diverso modo di operare, imposto dall’alto) ha avuto rassicurazioni da Apple di portar via traffico alla “casa sicura” di CNET. Ora fa praticamente l’ufficio stampa di Cupertino, infiltrato in mezzo ai media, senza un minimo di senso critico. Ci sarebbero mille altri esempi in tal senso.

Ricordo male le date ma bene la situazione. Diversi anni fa Apple aveva organizzato un evento a Milano, incredibilmente succedeva ancora e dando pure un briciolo di fiducia ai rappresentanti locali dell’azienda di Cupertino, ebbene presso l’IED – Istituto Europeo di Design arrivava il capo di Apple Europe, l’italo-francese Pascal Cagni. Allora Apple Italia si faceva aiutare, nel bene o nel male, dall’agenzia Business Press ed una delle più attive ragazze del gruppo ebbe la brillante idea di presentarmi a Cagni come “lui scrive per uno dei principali siti di rumors”. Complimenti, ammesso che fosse vero che il sito di allora si affidasse a qualunque bestialità circolasse per il web, non ero certo io a rappresentare quell’anima di articoli. In ogni caso dovetti assistere ad una scena che capii solo parzialmente allora: un signore delle prime file, durante la presentazione di qualcosa, si alzò per dichiarare concitatamente di essere stato estromesso dall’accesso alle notizie su Apple, grazie alle continue ed immotivate limitazioni che l’azienda gli imponeva. Risatine dei presenti mentre il tizio veniva trascinato all’uscita, nemmeno fossimo alla conferenza postuma del sommergibile russo Kursk, con le assistenti in sala che facevano punture di anestetico ai più fastidiosi.

Dunque, chi compera iPhone, iPad e Mac leggerà il Corriere della Sera, Repubblica ed Il Sole 24 ORE oppure si documenterà online sui siti specializzati, selezionando con giudizio tra asserviti ai rumors e curatori di notizie vere? Eppure piove dove è sempre umido, non importa se quello che viene pubblicato ha una qualche parvenza di verità o fa comunque bene all’azienda.

I giornali di carta e la loro versione online hanno l’improbabile pretesa di conoscere e saper trattare ogni argomento, dalla politica all’economia, dallo sport alla medicina, dall’entertainment alla tecnologia. La Stampa online ha avuto l’ardire di chiedere direttamente ai giovani lettori come e dove vorrebbero leggere le notizie, comprenderanno che il futuro è un ventaglio di fonti specializzate con forti background alle spalle. Gente esperta che, probabilmente, non lavorerà gratuitamente o con contratti ridicoli come quelli che fanno, per esempio, all’Huffington Post. Ricordate la storia dell’incompatibilità della botte piena e della moglie ubriaca, no?

Volendo leggere dai giornali notizie sul mondo Apple potreste capitare con Ruffilli, che si documenta e “lotta insieme a noi”, oppure con Assante, che voleva leggere un DVD con l’iPad ed a tempo perso (seppur inviato sul posto a spese di Apple) rubava le foto da setteB.IT senza mettere piede fuori dall’albergo pagato da altri. Eppure le Hot News di Apple Italia pubblicano, per scambio di non si capisce bene di quali favori, le news di Repubblica e quant’altro di quel livello.

Chi scrive queste righe di commiato finale segue la storia di Apple in modo professionale da 13 o 14 anni, ha sempre pagato tutto di tasca sua. Non solo le spese per raccontare di prima mano prodotti e novità, ma anche le bizze di chi ti mette ogni giorno i bastoni tra le ruote. Ho pagato tutto ed a volte senza saperne il perché, ma ho la pellaccia dura ed ho resistito.

Ho conosciuto molti dirigenti di Apple e molti altri “normali”/straordinari dipendenti che sputano sangue tutti i giorni, spesso mortificati quotidianamente dall’impossibilità di avere un qualunque campo d’azione, invece che un recinto per ubbidienti animali domestici. Chi non ne è uscito con l’esaurimento nervoso, si è auto-convinto che era una buona idea andare a lavorare addirittura da Microsoft, piuttosto di vedersi tolto ogni spazio d’azione.

42-11951b_azioneaaplHo conosciuto anche quell’antipatico di Steve Jobs (non certo popolare dirlo in questo momento, ma era la verità, per come si interfacciava con gli sconosciuti), senza nulla togliere al suo genio ed al vuoto che già si sente. Per riuscire ad avere sue risposte, seppur evasive o che dimostravano incompetenza sui mercati internazionali, ho dovuto far valere quell’azione AAPL comperata in USA come certificato (ora ne vale 2 dopo lo split del 2005, non ne fanno più su carta) che ho appeso in ufficio e che vi mostro accanto. Ora l’azione vale un sacco di soldi rispetto all’acquisto iniziale, ma purtroppo con 2 di queste (che tengo solo per affetto) non mi compero nemmeno il nuovo e costoso iPhone 4S da 64 GB. Legalmente l’ingresso al meeting degli azionisti di Cupertino, ad inizio anno, non mi poteva essere precluso. Potevano mangiarsi il fegato finché volevano quelli con meno iniziativa e gli improbabili arginatori, ma la ragione era dalla mia parte.

Ma si può lavorare così? Si può che l’inutile Ordine dei Giornalisti (pagato ogni anno per farci circolare con libretti che sembrano quelli del partito di Mao Zedong e che all’estero nessuno riconosce come quello di un giornalista, di questo secolo) ammetta tali situazioni? La libertà di fare questo mestiere è altrove, eventualmente anche solo il diritto costituzionale di esprimersi con ogni modo e mezzo.

Il futuro non è questo, il futuro è fare altro e magari lontano da qui. Peccato perché, a quanto pare, piaceva a tutti i nostri lettori. Piaceva anche ad amici/colleghi che si sono inaspettatamente esposti online.

Questo è il momento più giusto per smettere. Mi dispiace per chi si lamenta ai nostri indirizzi email o su Twitter di dover ora leggere altrove molte baggianate, non è mai stata colpa di setteB.IT, che il “think different” lo ha sempre praticato senza curarsi delle conseguenze, vi abbiamo evidentemente abituato troppo bene. Per fortuna adesso le sciocchezze siete in grado di riconoscerle da soli, avanti così e godetevi la biografia di Steve Jobs, che sarà in vendita tra 24 ore.

Aggiornamento del 2016: a conferma che la burocrazia non solo non sparisce ma si gonfia a dismisura come una muffa mefitica, quando trova terreno fertile (la penisola italiana), ecco la sentenza (via) della Corte di Cassazione: “blog, forum, newsletter, mailing list e social network… non possono godere delle garanzie costituzionali relative al sequestro della stampa”. Tutto ciò conferma la mia scelta di voler registrare questo sito (con le conseguenza già descritte), ancor prima che si pronunciasse “la Legge”. Naturalmente per “godere delle garanzie” che mi hanno concesso di scrivere sempre liberamente… senza conseguenze. O no?

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