Da WikiLeaks: il Politburo cinese ha ordinato l’attacco a Google

29/11/2010 15:30 CET

di Fabio M. Zambelli

00000a_fotonews001La censura in Cina è arrivata fino al sabotaggio di Google ed ora si conoscono anche i mandanti. Aggiornato.
Lasciando perdere le ragioni per le quali a nessun giornale italiano è stato concesso un accesso anticipato ai 251.287 documenti svelati la scorsa notte da WikiLeaks (gli unici sono stati Der Spiegel, El Pais, Le Monde, The Guardian e The New York Times), concentriamoci su cosa si è scoperto riguardo a Google in Cina.

48-10133b_politburopechino8.320 volte è citata la Cina in questi documenti segreti e sembra che sia stato proprio il Politburo cinese (i 24 che comandano il Partito Comunista) a decidere di sabotare Google. Lo hanno fatto dal 2002 anche con i computer del governo USA, di quelli degli alleati degli Stati Uniti, di quelli del Dalai Lama e di varie aziende occidentali.

C’erano pochi dubbi, ma ora è stato scoperto dalle fonti di WikiLeaks.

Google in questi mesi un po’ ha reagito alle intrusioni, un po’ ha moderato la protesta ed un po’ ha cercato di dimenticare. Sta di fatto che i cinesi ora possono usufruire meno di prima dei servizi Internet di Google, per comunicare ed informarsi liberamente sul web.

Dalla Casa Bianca rispondono che la pubblicazione di questi documenti “mette a rischio la nostra diplomazia e gli alleati“. Un filo più catastrofisti dalla Farnesina: “vogliono distruggere il mondo“, pensando alle 2.940 citazioni dell’Italia.

Aggiornamento del 30/11/2010: in Cina anche WikiLeaks è ora inaccessibile.



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