Disney compera Pixar per 7,4 miliardi di dollari

25/01/2006 10:00 CET

di Fabio M. Zambelli

 Il 24 gennaio 2006 passa di mano lo studio d’animazione più creativo e di successo dei cartoon digitali. Steve Jobs entra nel consiglio d’amministrazione di Disney come maggior azionista, per farla risorgere agli antichi splendori. Apple ne gode subito.
E finalmente la “pelle dell’orso” può essere venduta: Disney compera Pixar.

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Per svariati giorni la voce era circolata in ogni sorta di ambiente ma, solo ora (24 gennaio alle ore 13,15 della costa ovest degli USA) si ufficializza, con l’annuncio congiunto di Pixar e Disney.

Il colosso dell’entertainment per la famiglia, in crisi finanziaria, manageriale e di idee, compera il piccolo studios di animazione digitale, ormai da anni leader incontrastato del settore per incassi, creatività e successo popolare.

Pixar Animation Studios nasce venti anni fa da una costola della Lucasfilm, passa sotto la gestione Steve Jobs (dal 1985 al 1997 fuori da Apple e impegnato “solo” con NeXT) pagandola 10 milioni di dollari e dopo qualche anno produce i maggiori successi della cinematografia mondiale con lungometraggi e cortometraggi di animazione digitale.

Alzi la mano chi non ha mai visto almeno uno tra questi titoli che ha fatto incassare 3,2 miliardi di dollari al solo box office: Toy Story (363 milioni), A Bug’s Life (363 milioni), Toy Story 2 (485 milioni), Monsters & Co. (525 milioni), Alla ricerca di Nemo (865 milioni), Gli Incredibili (631 milioni), For the Birds o il primo di tutti, Luxo Jr. Non manca la statuetta dorata di Hollywood e il Golden Globe tra le onorificenze.

Due anni fa Steve Jobs, il giovedì successivo alle nomination degli Oscar 2004, avvenuta ufficialmente il martedì della stessa settimana, annunciava che Pixar non era riuscita a trovare un accordo economico soddisfacente con Disney per rinnovare la partnership di distribuzione dei lungometraggi creati dai computer di Emeryville.

Disney non avrebbe così potuto continuare a portare nei cinema di tutto il mondo i prodotti creativi di Pixar, che allora elencavano ancora The Incredibles e Cars (spostato successivamente dal novembre 2005 all’estate 2006 come premiere cinematografica).

Il terrore è corso nelle vene dei manager di Burbank perché gli spettatori fino a quel momento avevano dimostrato di apprezzare i film della Pixar e, sostanzialmente, di ignorare gli scarsi tentativi di far divertire il pubblico di Disney… con il concorrente Dreamworks (da poco, a sorpresa, della NBC Universal) a sfidare ad armi (quasi) pari Pixar.

Disney, inoltre, voleva sequel di Toy Story a profusione ma, il “lavoro facile”, ai creativi della Pixar, non è mai piaciuto (Sullivan ha pur sempre addosso 2.320.413 peli azzurri e viola da animare tutti con grande fluidità) preferendo di far uscire un film ogni uno o due anni… ma che non annoiasse.

Uno dei CEO più importanti e carismatici manager dell’industria statunitense, Michael Eisner, CEO di Disney a quel tempo, ci avrebbe poi rimesso le penne (managerialmente parlando il 30 settembre 2005) in questo scontro con Steve Jobs, tentando di obbligarlo a firmare contratti che il CEO di Apple continuava a rigettare.

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Al posto di Eisner il nuovo CEO di Disney Bob Iger si è dimostrato subito estremamente accomodante con Steve Jobs: per primo ha accettato la sfida dei telefilm di ABC (la televisione americana del gruppo Disney) in vendita su iTunes Music Store e, gli incontri tra Pixar e Disney, da quell’istante ripresero magicamente.

Tutti sappiamo il grande successo, che tale prodotto digitale destinato all’iPod, ha avuto da quel momento in poi trascinando tanti altri (del gruppo Disney e non) a proporre i filmati su iTunes Music Store.

Ma ecco la novità!

Per 7,4 miliardi di dollari Disney incorpora quindi Pixar nei “Disney Animation Studios” e Steve Jobs, oltre a far parte del consiglio di amministrazione di Disney, diventa ora anche il maggiore azionista di Disney con circa il 6% (equivalente a circa 3,7 miliardi depositati sul conto in banca).

Altri uomini Pixar si insediano nel nuovo gruppo creativo d’animazione, in particolare Ed Catmull (presidente di Pixar) e John Lasseter (vice presidente di Pixar). Il primo diventa presidente dei Disney Animation Studios e il secondo diventa CCO – Chief Creative Officer delle due società e pure del gruppo Imagineering di Disney, che si occupa di parchi di divertimento.

Non a caso da meno di una settimana, su iTunes Music Store, è comparsa una nuova categoria all’interno della sezione dei cortometraggi: i Classici di Disney.

Nove cartoni animati storici degli anni ’30/’40 (campeggia Walt Disney sull’icona correlata a “benedire” lo sbarco sul mercato digitale) si accostano ai sette corti di Pixar nell’iTunes Music Store e, da subito per gli amici statunitensi, sono in vendita a 1,99 dollari ciascuno.

Quante sinergie si produrranno tra Apple e Disney sono ancora tutte da immaginare… oppure sognare.

A conclusione della presentazione dell’accordo (avvenuto stanotte, ora italiana, della durata di 47 minuti e disponibile in MP3, per 5,4 MB, cliccando qui) Steve Jobs ha così chiosato: “abbiamo parlato di soldi io e Bob per concludere questo affare ma Pixar, pur diventando parte di Disney, desidera mantenere la propria cultura e anima creativa”.

Un’intervista video di Jobs ed Iger è disponibile dalla televisione finanziaria CNBC (tuttavia attualmente in formato poco amichevole con la piattaforma Mac).



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