Tarallucci e vino tra Google News e FIEG, ecco l’intingolo

17/01/2011 21:30 CET

di Fabio M. Zambelli

00000a_fotonews001Gli editori dei giornali italiani festeggiano la decisione dell’antitrust, che non fa altro che ricalcare l’offerta di Google News mirata a regole precise da rispettare entro l’anno. Mancano leggi adeguate ai tempi.
La FIEG – Federazione Italiana Editori Giornali approva il cedimento di Google News, accettato come migliore soluzione possibile dall’antitrust.

L’abuso di posizione dominante ipotizzato nel 2009 dagli editori (in Italia si erano lamentati Fedele Confalonieri e Carlo De Benedetti, all’estero Rupert Murdoch) sparisce con le correzioni che Google s’impegna a fare.

Gli editori potranno decidere il destino dei propri contenuti citati da Google News Italia, potranno rimuoverli o selezionarli, conoscendo le condizioni economiche dei siti che ospitano la pubblicità di Google AdSense/AdWords. Il divieto di rilevazione dei click sparirà lasciando contare ai pubblicitari le volte che l’utente visita uno sponsor.

Antonio Catricalà, a capo dell’antitrust stimola le autorità preposte alla legislazione a rivedere la legge sul diritto d’autore, apportando adeguamenti in base alle innovazioni degli ultimi anni.

Per chi vuole conoscere tutti i dettagli ecco l’estratto dai documenti ufficiali, relativo agli impegni di Google accettati dall’AGCM – Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Gli impegni concernenti Google News

64. Google afferma che l’impegno sub (A) consente agli editori di escludere i propri contenuti da Google News senza alcun impatto sulla rilevabilità dello stesso da parte del motore di ricerca generale di Google. Inoltre, la società evidenzia come l’utilizzo da parte di Google dei contenuti degli editori non può determinare alcuna violazione della normativa a tutela della concorrenza, bensì produce effetti pro-competitivi, consentendo agli utenti di accedere a notizie provenienti da un’ampia gamma di fonti.

I legami tra Google News e Google Web Search

65. Ad avviso di Google, le osservazioni dei partecipanti al market test riguardanti l’integrazione di Google News in Google Web Search sono fondate su una concezione errata dei criteri da cui dipende il posizionamento dei risultati di Google News in Google Web Search.

66. Qualora i termini della ricerca effettuata dall’utente suggeriscano che quest’ultimo sia interessato a notizie di attualità, la prima pagina dei risultati della ricerca includerà un riquadro distinto contenente i risultati relativi a notizie ritenuti più pertinenti rispetto alla ricerca effettuata dall’utente. Google è solita definire questo tipo di risultati come “risultati Universal Search” e afferma che essi non sono qualificabili come prodotto separato, ma costituiscono parte integrante del funzionamento del motore di ricerca di Google, volta a fornire agli utenti i risultati maggiormente pertinenti e utili alle loro ricerche.

67. In particolare, qualora il motore di ricerca generale di Google ravvisi che, con buone probabilità, l’utente stia cercando notizie di attualità, mostrerà tra i risultati Universal Search relativi alle notizie fino a tre articoli, selezionati tra quelli con miglior ranking che sono stati individuati dall’algoritmo di ricerca di Google News. Cliccando sul link relativo a uno degli articoli, compresi tra i risultati Universal Search relativi a notizie, gli utenti sono indirizzati direttamente al sito web dell’editore su cui compare l’articolo. Inoltre, gli utenti possono cliccare sul titolo che introduce i risultati Universal Search relativi a notizie per accedere ad una pagina con altri risultati individuati dall’algoritmo di ricerca di Google News, in cui sono elencati i link agli articoli pertinenti.

68. I risultati Universal Search sono attualmente aggiunti alla pagine dei risultati del motore di ricerca principale di Google, con un posizionamento che dipende dalla probabilità che l’utente stia effettivamente cercando notizie di attualità, tenendo conto della parole chiave inserite per svolgere la ricerca e, in particolare, della presenza di un numero significativo di articoli recenti relativi alla notizia richiamata dalle parole chiave: quanto più è probabile che una certa parola chiave riguardi notizie relative ad argomenti di attualità, tanto più elevato sarà il posizionamento conseguito dai risultati Universal Search relativi a notizie. Google evidenzia come ciò sia razionale e legittimo in quanto proprio nel caso in cui siano utilizzate parole chiave che riguardano argomenti di stretta attualità o di carattere giornalistico si registrerà una maggiore probabilità che l’utente consideri utili e interessanti i risultati individuati dagli algoritmi di ricerca di Google News. A prescindere dal fatto che non è possibile stabilire se un ranking è “giusto” o “sbagliato”, fornire agli utenti risultati il più possibile pertinenti e utili costituisce l’essenza stessa di qualsiasi servizio di ricerca.

69. Pertanto, l’affermazione secondo cui le notizie del servizio Google News sarebbero sistematicamente favorite all’interno del motore di ricerca Google Web Search, sia in termini di posizionamento nella lista dei risultati delle ricerche, sia in termini di visibilità rispetto a tutti gli altri risultati è errata: il posizionamento dei risultati Universal Search relativi a notizie deriva dalla rilevanza dei relativi contenuti, esattamente come nel caso dei risultati non ricompresi nella Universal Search. In altri termini, i risultati Universal Search relativi a notizie non prevalgono rispetto ad altri risultati maggiormente rilevanti e, se visualizzati, non modificano attualmente il posizionamento dei risultati di Google Web Search, aumentando invece la scelta degli utenti sulla prima pagina di risultati.

70. Google precisa, altresì, che la presenza di risultati Universal Search non comporta variazioni nel posizionamento dei risultati individuati dall’algoritmo Google Web Search e che alcuni link a siti di editori possono apparire nella pagina dei risultati del motore di ricerca di Google al di fuori della sezione relativa ai risultati Universal Search relativi a notizie: i risultati Universal Search relativi a notizie non escludono la possibilità che link ad altre fonti rilevanti appaiano sulla stessa pagina.

71. La possibilità che la pagina di risultati di Google Web Search includa risultati Universal Search relativi a notizie, dunque, non ha alcun impatto sul ranking, all’interno di tale pagina, del sito web di un editore che abbia esercitato l’opt-out da Google News. In altri termini, i risultati Universal Search relativi a notizie non modificano attualmente il posizionamento di nessuno dei primi dieci risultati del motore di ricerca generale di Google: laddove l’algoritmo di Google Web Search determini che un articolo debba comparire sulla prima pagina dei risultati, esso sarà comunque destinato a comparire su tale pagina, ancorché siano mostrati risultati Universal Search relativi a notizie.

L’utilizzo da parte di Google dei contenuti degli editori

72. Quanto ai rilievi di FIEG e Fedoweb secondo i quali, servendosi di Google News e di Google Web Search, Google sfrutterebbe i contenuti degli editori a fini commerciali senza attribuire loro alcun compenso equo, Google osserva che si tratta di una questione che rientra innanzi tutto nell’ambito di applicazione della normativa sul diritto d’autore.

73. Google osserva, inoltre, che ogni eventuale valutazione circa l’equità della relazione commerciale intercorrente tra Google e gli editori dovrebbe necessariamente tenere conto dei benefici che tali editori ricavano da Google News. Al riguardo, Google evidenzia come gli editori di news ricevono ingenti benefici dal volume di traffico apportato da Google News ai loro siti web, che costituisce un’importante fonte di valore: Google News indirizza circa un miliardo di click ogni mese verso i siti di editori in tutto il mondo, di cui vari milioni verso i siti di editori italiani.

Il deep linking

74. Con riguardo al meccanismo del c.d. deep linking, Google osserva che esso risponde alle esigenze degli utenti che utilizzano gli strumenti di ricerca offerti dalla società, consentendo loro di accedere agli articoli pertinenti nel modo più veloce possibile. Indirizzare gli utenti verso le home-pages dei siti, anziché verso la specifica pagina web da essi ricercata si tradurrebbe inevitabilmente in un danno per gli utenti rendendo più gravosa l’individuazione degli articoli di loro interesse.

Tempistica e durata dell’impegno

75. Google ritiene che il periodo di validità dell’impegno offerto sia proporzionato agli obiettivi perseguiti. Il settore di Internet si caratterizza per la sua elevata dinamicità e i suoi rapidi cambiamenti e per restare innovativi e competitivi è essenziale che le imprese siano in grado di reagire velocemente alle possibili evoluzioni della domanda dei consumatori e ai continui sviluppi tecnologici. In quest’ottica, come riconosciuto dalla stessa FIEG, un impegno che abbia ad oggetto un certo servizio, per come oggi è configurato, può diventare rapidamente privo di oggetto, perché il servizio di cui si tratta sarà sostituito con un altro tipo di offerta.

76. Laddove le restrizioni imposte a Google mediante gli impegni dovessero applicarsi per un periodo di tempo più lungo, ne risentirebbe irrimediabilmente la capacità di Google di restare al passo con il dinamismo che caratterizza il settore e di competere in maniera efficace sul mercato. A loro volta, i consumatori beneficerebbero di un livello inferiore di innovazione. Pertanto, è innanzitutto nell’ottica di ridurre il rischio di un danno ai consumatori che gli impegni dovrebbero avere una durata limitata a tre anni, durata che, in considerazione della natura delle obiezioni mosse dall’Autorità, appare appropriata.

Gli impegni concernenti AdSense

77. In generale, ad avviso di Google, le osservazioni dei terzi relative agli impegni su AdSense sono errate o non pertinenti, ovvero mosse dall’intento di imporre a Google l’adozione di misure chiaramente sproporzionate e/o palesemente finalizzate ad avvantaggiare indebitamente gli editori nei loro rapporti di concorrenza diretta con Google.

Le informazioni oggetto di comunicazione

78. Con riguardo agli impegni relativi ad AdSense, Google osserva, innanzi tutto, come dal testo degli impegni emerga chiaramente che le percentuali di revenue sharing sono quelle applicate individualmente a ciascun “Affiliato Online”, e non alla media delle percentuali riconosciute all’insieme degli affiliati. Google osserva, peraltro, come la percentuale di revenue sharing relativa ad AdSense per i contenuti non è mai stata cambiata, mentre la percentuale di revenue sharing per AdSense per la ricerca è la stessa dal 2005, anno in cui è stata aumentata.

79. Inoltre, con riferimento alla determinazione della base di ricavi su cui è applicata la percentuale di revenue sharing, per assicurare maggiore chiarezza, Google ha provveduto a chiarire a seguito del market test nel testo degli impegni che la percentuale di revenue sharing oggetto di comunicazione agli affiliati AdSense online si applica ai ricavi pubblicitari lordi derivanti dai loro rispettivi siti web. In particolare, il testo dell’impegno sub (B.1) riporta che: “Google Ireland rivelerà agli affiliati dei programmi “AdSense per i contenuti” e “AdSense per la ricerca” che accettino i “Termini e Condizioni Generali del Programma AdSense Online di Google” (Gli “Affiliati al Programma AdSense Online” la loro quota di compartecipazione ai ricavi lordi derivanti dagli annunci pubblicitari collocati sui loro rispettivi siti web (o percentuale di revenue sharing). […]”.

80. Google ritiene, altresì, che non possa accogliersi la richiesta di FIEG e di Fedoweb secondo la quale la società dovrebbe impegnarsi ad applicare agli editori una percentuale di revenue sharing predeterminata su base contrattuale, rinunciando al diritto di modificare tale percentuale in qualsiasi momento, se non per giustificati motivi. Ciò determinerebbe un’interferenza assolutamente sproporzionata sull’attività di Google, idonea a pregiudicare la capacità della società di competere efficacemente. Ad esempio, Google ha bisogno di mantenere la propria discrezionalità in ordine al calcolo delle percentuali di revenue sharing e di poter modificare tali percentuali, per tener conto di variazioni significative nei costi dei servizi AdSense.

81. Inoltre, si sensi degli impegni, gli editori affiliati ad AdSense sarebbero avvisati in anticipo di eventuali variazioni delle percentuali di revenue sharing e potrebbero, in qualsiasi momento, scegliere liberamente di smettere di proporre sui propri siti web gli annunci pubblicitari di Google e di aderire, quindi, a un altro network di intermediazione pubblicitaria.

82. Google afferma peraltro, che, sebbene non sia possibile garantire che le percentuali di revenue sharing non saranno modificate in futuro, essa non ha attualmente in programma di modificarle in relazione ad alcuno dei suoi prodotti AdSense. Tale comportamento è in linea con quello tenuto da Google fino ad oggi, dato che la società ha modificato le percentuali di revenue sharing molto raramente e solo in senso favorevole agli editori.

Comunicazione di informazioni aggiuntive agli editori affiliati ad AdSense

83. Quanto alle osservazioni dei terzi secondo le quali sarebbero insufficienti le informazioni aggiuntive che Google darebbe agli editori affiliati ad AdSense, Google osserva innanzi tutto che le informazioni richieste sulle relazioni commerciali tra Google e gli inserzionisti (ad esempio, le parole chiave acquistate dagli inserzionisti o le rispettive spese) sono irrilevanti rispetto alle perplessità sollevate dall’Autorità in merito ad AdSense, vale a dire l’assenza di trasparenza e di verificabilità in ordine alla determinazione dei corrispettivi corrisposti da Google agli affiliati AdSense.

84. Google osserva, inoltre, che la richiesta di comunicazione di informazioni che non hanno nulla a che vedere con le effettive possibilità di scelta degli editori è sproporzionata e fuori luogo.

85. Ad avviso di Google, il vero obiettivo sottostante ad alcune delle richieste dei membri di FIEG e Fedoweb è quello di sfruttare l’occasione della procedura degli impegni per acquisire informazioni dettagliate in merito alle preferenze e agli andamenti dei prezzi pagati dagli inserzionisti, nella prospettiva di intraprendere una relazione commerciale diretta con questi ultimi. Google rileva come la comunicazione di dati commercialmente sensibili tra (potenziali) concorrenti sarebbe particolarmente delicata sotto il profilo antitrust. Google fa, altresì, presente come la divulgazione delle informazioni richieste dai soggetti terzi intervenuti contravverrebbe alla politica di Google in materia di privacy, che non le consente di condividere con terzi informazioni sui singoli inserzionisti, ma solo di rivelare dati aggregati relativi all’insieme degli inserzionisti.

86. Google rappresenta come le osservazioni dei terzi ignorino il fatto che essa offra già strumenti sufficienti per consentire agli affiliati AdSense di controllare gli annunci pubblicitari pubblicati sui loro siti.

87. Con riguardo alla richiesta di rendere noto l’ammontare dedotto da Google dai ricavi AdSense dei publishers in considerazione dei click fraudolenti, nonché il coefficiente di smart pricing attribuito a ciascun affiliato, Google replica come segue.

88. L’esclusione dei click fraudolenti e l’applicazione dei coefficienti di smart pricing rappresentano strumenti diretti ad integrare le modalità di calcolo degli importi dovuti dagli inserzionisti. Questi due meccanismi, così come una serie di ulteriori strumenti applicati da Google (ad esempio, il c.d. conversion optimizer) sono predisposti a beneficio degli inserzionisti, al fine di evitare che essi paghino un prezzo che non rifletterebbe la performance effettiva del servizio ad essi prestato.

89. Google sottolinea come essa non abbia alcun incentivo a ridurre arbitrariamente i ricavi corrisposti agli affiliati AdSense, in quanto i ricavi percepiti da Google stessa sono strettamente correlati ai ricavi spettanti agli editori: se gli affiliati AdSense incassano di meno, Google incasserà automaticamente di meno.

90. Con specifico riferimento allo smart pricing, il motivo per cui Google non rivela agli editori il rispettivo coefficiente è da ricondursi all’esigenza di evitare che gli editori possano procedere a un’operazione di reverse engineering del coefficiente e potenzialmente manipolarlo in modo da conseguire indebiti vantaggi a scapito degli inserzionisti. Analoghe considerazioni valgono per i click fraudolenti: qualora gli editori potessero sorvegliare costantemente i dati relativi ai click fraudolenti effettuati sugli annunci dei propri siti, essi potrebbero elaborare strategie per impedire a Google il rilevamento di comportamenti fraudolenti.

91. In definitiva, Google osserva che i dati attualmente forniti agli affiliati AdSense, congiuntamente all’impegno di rendere nota la percentuale di revenue sharing spettante a ciascuno di essi, assicurano che tutti gli affiliati dispongano di informazioni sufficienti per valutare i benefici loro apportati dai servizi AdSense, per pianificare lo sviluppo e il potenziamento dei loro siti web e per raffrontare le offerte di fornitori di servizi di intermediazione pubblicitaria concorrenti. Google ritiene, pertanto, di aver raggiunto un equilibrio ragionevole tra l’esigenza di fornire la maggior quantità di informazioni possibili agli editori e quella di tutelare le informazioni sensibili di Google contro il rischio di un loro utilizzo da parte dei concorrenti.

La verificabilità dell’attività di intermediazione di Google

92. Google ritiene che la richiesta di FIEG e Fedoweb concernente l’introduzione di meccanismi di auditing dei conteggi effettuati da Google per determinare i corrispettivi degli editori risulti palesemente sproporzionata e impropria stante il numero estremamente elevato degli affiliati AdSense online.

93. Google osserva, inoltre, come un ipotetico comportamento posto in essere da Google in violazione del contratto non ha attinenza con il diritto della concorrenza, rientrando piuttosto nella sfera del diritto dei contratti, se non addirittura del diritto penale.

94. Google asserisce che, ad ogni modo, sarebbe ad essa preclusa qualsiasi forma di sfruttamento degli editori del tipo insinuato da FIEG e da Fedoweb, posto che la sua libertà d’azione sarebbe circoscritta dall’esistenza di un ampio numero di intermediari pubblicitari concorrenti dotati di cospicue risorse e di un elevato reach. Il successo di Google nei servizi di intermediazione pubblicitaria è imputabile anche all’accuratezza e all’affidabilità dei dati forniti; qualora Google decidesse deliberatamente di “imbrogliare” nella distribuzione dei ricavi e nella fornitura dei dati, ne risentirebbe inevitabilmente la sua affidabilità agli occhi del pubblico e finirebbe, così, per perdere inserzionisti e affiliati AdSense a vantaggio degli intermediari concorrenti.

Tempistica e durata dell’impegno

95. Con riguardo alle obiezioni circa la limitata durata dell’impegno, Google ripropone le medesime osservazioni illustrate nella corrispondente sezione relativa a Google News.

96. In merito al lasso di tempo entro il quale Google è tenuta ad apportare le modifiche al testo del contratto di cui all’impegno sub (B.2), Google osserva che esso è necessario atteso che l’impegno è destinato a essere attuato a livello mondiale. Ciò comporta l’esigenza di rivedere ciascuna versione linguistica del contratto standard: se da un lato Google auspica di poter dare attuazione a questo aspetto dell’impegno in tempi significativamente più brevi rispetto al periodo di un anno, non può, dall’altro lato, escludere eventi imprevedibili suscettibili di rendere impossibile il rispetto di una scadenza più ravvicinata.

Altri antitrust, come quello europeo, continuano ad indagare Google per posizione dominante nelle ricerche online.



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