Jobs con App Store: “libertà di stare alla larga dal porno”

17/05/2010 07:02 CET

di Fabio M. Zambelli

00000a_fotonews001Discussione notturna tra un redattore di Gawker ed il capo di Apple, che forse non aveva afferrato con chi stava scambiando email.
Il lungo scambio di messaggi di posta elettronico che vedete a lato è avvenuto in piena notte tra il giornalista di Gawker Ryan Tate ed il CEO di Apple Steve Jobs.

20-08841b_emailjobstateIl tema della discussione, che curiosamente è proseguita oltre alla prima risposta semi-monosillabica ultimamente usata da Jobs a chi gli scrive via email, era la libertà. Ma ben presto la pornografia è diventata l’argomento, tirato in ballo proprio da Steve Jobs.

Il blogger lancia l’accusa, facendo riferimento ad un mito musicale di Jobs: “se Dylan oggi avesse 20 anni come pensa che si comporterebbe con la sua azienda? Penserebbe che l’iPad è un’arma per questa “rivoluzione”? Le rivoluzioni sono state fatte per la libertà”. Tate si riferisce allo spot dell’iPad che a questa evocata “rivoluzione” punta.

Dopo 4 ore Jobs sembra concordare, polemicamente, con Tate: “Certo, libertà dai programmi che si appropriano dei dati personali, libertà dai programmi che vuotano la batteria, libertà dal porno. Esatto, proprio libertà”. Concetti già espressi presentando il funzionamento dell’App Store e dimostrati con la pratica, censurando anche nomi involontariamente rasenti l’argomento. Tuttavia qualcuno ci aveva pensato ad accettare contenuti “espliciti” ma l’idea è stata rimossa.

Il tema diventa quindi la pornografia “che non è poi il male, ma fa parte della libertà”, scrive Tate, approfittando della loquacità di Jobs e facendogli notare come Wired deve cambiare i suoi piani per la versione del magazine per iPad, abbandonando Flash per Cocoa, gradito invece ad Apple.

A questo punto arriva le ramanzina: “sarebbe meglio che lei si curasse di più del porno, se ci sono bambini in giro per casa”. “Se i miei bambini avessero un iPad io non consentirei che ci passasse della pornografia, pur non ritenendo pericoloso che altri in famiglia vedano un filmato porno” risponde Tate.

Quanto a Wired che ha dovuto optare per una programmazione Cocoa il CEO di Apple dice che nessuno ha un obbligo, basta non voler realizzare pubblicazioni elettroniche per iPad. Certo, che “l’imposizione di moralità, assieme ai segreti commerciali ed alla purezza del software suonano un po’ bizzarri” risponde Tate.

Su come programmare per una specifica piattaforma Jobs sottolinea che ogni azienda ha il diritto di scegliere la strada migliore per raggiungere i propri obiettivi. “Non tutti possono concordare, ma le nostre motivazioni sono pure” conclude il CEO di Apple, non prima di dimostrare che ormai si è indispettito con il giornalista che, secondo lui, dovrebbe “dimostrare di aver creato qualcosa di fantastico prima di criticare il lavoro altrui”.

Ricordiamo che Gizmodo, il sito che ha comperato il prototipo di iPhone smarrito da un impiegato di Apple, fa parte del gruppo Gawker. Non a caso Tate ha ricordato che Apple è solita mandare il gorilla di turno a bussare alla porta di un suo collega che ha acquistato gli oggetti persi dagli uomini di Cupertino e, se non ci riesce, manda la polizia a sequestrare tutto nell’appartamento. A questa affermazione Jobs risponde che non è vero, le carte ufficiali raccontano puntualmente dell’accaduto.



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