Zio Sam, la neutralità di Internet è (quasi) certa per legge

24/12/2010 18:30 CET

di Fabio M. Zambelli

00000a_fotonews001L’istituzione delle prime regole, anche se non perfette, per evitare di trasformare una rete aperta in qualcos’altro. Faro guida per il resto del mondo.
Dopo un paio d’anni di dibattiti negli Stati Uniti, poche ore fa è stato pubblicato il documento ufficiale che sancisce la Net Neutrality.

Le regole che devono mantenere la rete delle reti aperta a tutti ed indipendente dai fornitori dei servizi/contenuti sono state messe finalmente nero su bianco, con grande soddisfazione di Julius Genachowski (presidente della FCC – Federal Communications Commission) e da parte della Casa Bianca.

Nell’ottobre del 2009 sono state dettate le 6 regole base per raggiungere l’obiettivo:
1) Internet deve essere aperta e gratis, senza compromessi
2) l’innovazione e gli investimenti dovranno mantenere la rete sempre in salute
3) la flessibilità, i fornitori di rete devono avere una mentalità aperta
4) il ruolo governativo in Internet deve esserci ma restare modesto
5) Internet deve essere un luogo sicuro e sano, ma aperto
6) l’apertura di Internet non deve dipendere dalla tecnologia usata per l’accesso

Da allora oltre 100.000 commenti pubblici sono stati fatti da individui ed organizzazioni, per affinare le priorità e determinare le 3 regole principali:
1) trasparenza – i consumatori devono poter scegliere in base ad informazioni chiare fornite da chi vende i servizi
2) nessun blocco – seppur con riserva sulle ragionevoli gestioni della rete non devono essere bloccati i contenuti legali, le applicazioni ed i servizi, inoltre su rete mobile devono essere assicurati servizi in concorrenza con quelli in voce e video rispetto a quelli proposti dal provider
3) nessuna irragionevole discriminazione – se si tratta di contenuti legali che si vogliono far transitare sulla rete nessuno può opporsi. Viene sottolineato che il rapido sviluppo della banda larga mobile (con l’embrionale servizio 4G) è in una fase più prematura di quella fissa, perciò è bene concedere in questa fase maggiori tutele ed attenzione da parte dell’Open Internet Advisory Committee. In pratica agli operatori mobile vengono concesse ragionevoli pratiche di gestione della rete, ma in caso di congestione si chiede di non fermare gli usi basici come voce e videoconferenza.

Qualche dubbio emerge sulla concessione ai servizi premium “pay for priority”, ovvero gli ISP possono dare alle aziende che pagano una corsia preferenziale per veicolare i loro prodotti meglio di altri. Opportuno attendere qualche chiarimento maggiore prima di stracciarsi le vesti.

Il co-fondatore di Apple Steve “Woz” Wozniak auspicava regole più restrittive per mantenere Internet completamente aperta, impedendo ai service provider di interferire in alcun modo, perché “tutte le persone normali in USA sanno che gli ISP hanno per esempio bloccato gli streaming video, tipo Netflix, favorendo i propri”. Anche i repubblicani sono scettici, tanto che hanno votato contro ma non è bastato (3 voti a favore e 2 voti contro), promettendo battaglia con il “nuovo” Congresso.

Infine una curiosità, Apple è citata 8 volte nel documento ufficiale che analizza tutti i casi, specialmente quelli dei blocchi dei servizi VoIP su rete cellulare ed altri esempi di cui si è macchiata l’azienda di Cupertino negli scorsi mesi, salvo ravvedersi più recentemente.

Genachowski scrive: “la nostra azione garantisce la libertà di Internet in patria, basi per lottare in favore della libertà di Internet in tutto il mondo”.

Osserviamo con una certa invidia come in altri paesi si prende seriamente a cuore come far evolvere Internet, seppur con regole eventualmente da perfezionare. Per quel che riguarda l’Italia siamo lontanissimi dai livelli dei paesi occidentali quanto a disponibilità della banda larga, pochissimi in Europa sono messi peggio di noi.



setteB.IT – la settimana digitale vista dall'utente mac