Al Gore, il consigliere di Apple, non più candidato

23/05/2007 13:30 CET

di Fabio M. Zambelli

00000a_fotonews001Steve Jobs ha più volte provato a convincere l'ex vice presidente democratico a tornare nella politica attiva ma lui non ne vuole più sapere. Al Gore, secondo il CEO di Apple, poterebbe vincere e risolvere i guai degli Stati Uniti.
Steve Jobs è un democratico convinto, nel senso del partito politico statunitense.

Il CEO di Apple, in versione privata, ha spesso ospitato nelle sue dimore californiane eminenti rappresentanti del partito dell'asinello e, a sua volta, è stato ospitato nelle abitazioni dei democratici.

Soprattutto nel periodo della presidenza Clinton e della vice presidenza Gore (1992-1996 e 1996-2000) il capo di Apple si è dichiarato amico dei due uomini politici e delle loro famiglie.

Nonostante ciò Jobs non ha mai favorito una posizione sull'altra, per le attività di Apple. Per esempio su iTunes sono sempre comparse in modo bipartisan tutte le registrazioni dei discorsi presidenziali, dei democratici come dei repubblicani.

Negli USA la lotta per diventare il candidato unico del partito Democratico, per le prossime elezioni presidenziali del 2008, sembra ormai limitata ai senatori Barak Obama e Hillary Clinton.

02050b_algoremwsf06Steve Jobs non si pronuncia sulle sue preferenze politiche tra i due democratici ma non perde l'occasione, su Time, per riaffermare la sua stima per Al Gore: "siamo sprofondati in una buca di sei metri e ci vuole qualcuno che sappia come costruire la scala per tirarci fuori e questo è Al […] se si presentasse vincerebbe, non ho alcun dubbio […] la decisione però spetta a lui e so bene che soffre ancora molto per come ne è uscito dall'ultima votazione […] ho provato, come tanti altri, a convincerlo ma non ci siamo ancora riusciti".

Dopo il ruolo istituzionale Al Gore ha cominciato una nuova vita: nel 2003 è diventato membro del consiglio d'amministrazione di Apple e tuttora siede nel board di Cupertino, nel frattempo ha spinto sul pedale dell'acceleratore per i temi ambientalisti.

Il culmine delle ambizioni di "salvare il pianeta" si è concretizzato con il film-documentario "An inconvenient truth – A global warning" (Una verità scomoda. Avvertimento al pianeta) che Al Gore ha prodotto nel 2006, vincendo anche un Oscar. Già durante la sua vice presidenza aveva agito promuovendo la Carbon Tax per la riduzione del CO2 in USA, durò poco viste le forti pressioni lobbystiche e rimase storia nel libro "Earth in the balance".

Dice la moglie Tipper: "questo è il vero Al Gore, non è cambiato un granché, noi lo abbiamo sempre saputo com'era, ora è solo decisamente più libero, fa quello che veramente vuole".

Ormai sembra che il 59enne Al Gore voglia occuparsi a tempo pieno dell'argomento ecologico (spesso si muove con voli di linea per non contribuire all'inquinamento), senza rientrare più nelle stanze del potere di Washington, nonostante gli si accrediti un 12% di voti degli elettori, non richiesti. Ha fondato la Alliance for Climate Protection e guida una SUV di marca Mercury con motore ibrido. Sembra che sia stato Al Gore a fare pressione su Steve Jobs per una Apple "più verde".

L'ultimo sforzo editoriale di Al Gore è intitolato "The assault on reasons", è uscito ieri nelle libreire statunitensi.

Sullo stesso numero del settimanale che ha pubblicato l'intervista Al Gore (realizzata in aprile all'università di Buffalo) viene ritratto nel suo ufficio, dove la carta abbonda e pure in modo molto disordinato, davanti ad uno spettacolare display multiplo costituito da ben 3 Cinema HD da 30 pollici ciascuno, una superficie maggiore di quella della finestra che illumina lo studio.

La fotografia potete vederla sul sito di Time.



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