I senatori di Washington mettono sulla graticola Apple e Google

10/05/2011 20:00 CET

di Fabio M. Zambelli

00000a_fotonews001Nonostante le spiegazioni su come e perché i dispositivi mobile tracciano la posizione degli utenti restano seri dubbi di legalità.

Venerdì scorso vi avevamo informato che oggi pomeriggio Apple e Google avrebbero dovuto rispondere ad un subcomitato del Senato statunitense, riguardo alla tracciabilità degli utenti con dispositivi mobile.

19-11068b_washingtonhearing10052011Dallo streaming durato quasi 3 ore abbiamo visto intervenire senatori democratici e rebubblicani, consulenti informatici, rappresentanti di associazioni, responsabili dell’FTC – Federal Trade Commission ed assistenti della loro avvocatura. Inoltre c’erano Guy “Bud” Tribble per Apple ed Alan Davidson per Google (al centro nell’immagine accanto), principali “imputati” di quello che fanno o non fanno dispositivi con, rispettivamente, iOS ed Android.

Il senatore Al Franken (a destra nell’immagine sottostante, accanto al presidente del subcomitato Patrick Leahy) ha insistito che queste tecnologie sono utili e che danno agli utenti incredibili benefici, complimentandosi spesso con i creatori di prodotti come iPhone, iPad e Google Maps: “you guys are brilliant” (siete geniali).

Tuttavia il problema è che è necessario che i cittadini sappiano chi ha le loro informazioni personali, come e quando le usa. Si tratta di un diritto fondamentale e le categorie individuate sono: minori, finanza, salute e localizzazione geografica.

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I rappresentanti delle aziende californiane leader del settore hanno insistito nel confermare che loro la privacy degli utenti la rispettano. L’uso delle reti cellulari e degli hotspot Wi-Fi, quando non il GPS, sono utili per fornire servizi in applicazioni specifiche che l’utente deve accettare in modo chiaro. Apple ha depositato una spiegazione scritta. Google ha addirittura portato un cartello che sintetizza come l’utente deve fare il cosiddetto “opt-in”, lo stesso descritto anche dalle etichette che alcuni carrier statunitensi vogliono appiccicare sui dispositivi con tecnologie di geo-localizzazione.

Sappiamo che Apple ha rilasciato un aggiornamento che avrebbe risolto quelli che l’azienda ed il suo CEO Steve Jobs consideravano errori di programmazione, per esempio la cifratura obbligatoria dei dati e la riduzione della cache dei dati degli spostamenti. A Cupertino sostengono che i pochi dati ancora raccolti hanno le finalità di un futuro studio di massa sul traffico.

Gli esperti ascoltati hanno comunque confermato ai senatori che la precisione della localizzazione non è poi tanto vaga, si tratta al massimo di una trentina di metri. Sono state citate applicazioni che forniscono indicazioni a chi guida ubriaco di dove sono posizionati i controlli di polizia sulle strade, con evidente intento di cavarsela rispetto alle proprie responsabilità, ovviamente grazie alle informazioni geografiche da triangolare su una mappa.

E’ stato altresì fatto notare che i termini d’uso sono troppo lunghi e scritti in modo incomprensibile, tanto che nessuno li legge e si sofferma a riflettere se accettarli oppure no.

Per ora è un “wild west”, ha dichiarato un senatore presente nella commissione.

Apple e Google non hanno dato molti particolari e giustificazioni migliori di quelle già sentite, alla fine lo scettico senatore Franken ha così chiosato: “ho ancora serie preoccupazioni, vorrei che la questione fosse affrontata e risolta al più presto, dubito che il diritto dei cittadini di sapere chi/dove/quando usa i dati sensibili sia rispettato o per legge oppure in pratica”.

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