“La coda lunga” di Anderson anticipa “Free”

18/06/2008 13:00 CET

di Fabio M. Zambelli

00000a_fotonews001Il direttore di Wired era ieri a Milano, lo abbiamo intercettato in una conferenza dove spiegava che ormai è meglio puntare a tanti piccole nicchie piuttosto che a dominare il mercato con un unico prodotto di successo.
Per parlare di marketing, comunicazione e rivoluzione digitale, al World Marketing & Sales Forum di Milano, ieri sono intervenuti speaker di altissimo livello.

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In un gremito Teatro Dal Verme hanno dato “lezioni” Massimiliano Magrini (amministratore delegato di Google Italia), Luca De Meo (responsabile del marketing di FIAT Group ed amministratore delegato di Alfa Romeo) e Chris Anderson (direttore di Wired ed autore del best seller “La coda lunga”).

04154c_speakerIl primo ci ha dato il senso dell’importanza di una conversione completa al digitale, sottolineando la presenza su Internet di ogni azienda. Magrini ama citare l’esempio di Apple: con la creazione di iTunes Store cinque anni fa l’azienda di Cupertino ha rivoluzionato il mercato della musica vendendo quattro miliardi di canzoni online, creato spazio all’iPod e, nel lungo periodo, trainato le vendite dei Mac.

Uno degli uomini che ha rivoltato come un calzino la decadente FIAT trasformandola in nuova icona dell’industria automobilistica è quel Luca De Meo che, assieme al gran capo di FIAT Sergio Marchionne, ha lavorato in questi ultimi anni sull’immagine e sulla reputazione del principale produttore di autovetture italiane. “E’ sempre più difficile utilizzare l’esperienza passata per prevedere il futuro” dice De Meo mentre guarda a prossime sfide con occhi nuovi.

Sembrano due premesse ottime per introdurre il terzo ospite del pomeriggio di ieri, Chris Anderson.

E’ lui che, al compimento del 15esimo compleanno della rivista più hi-tech del panorama mondiale, sta per dare alle stampe la sua nuova creatura “Free”. Un libro che teorizza la visione del “tutto gratis per fare soldi”, un controsenso che appare assoluto ma che, fin dal numero di marzo 2008 di Wired, Anderson sostiene con convinzione.

Nel frattempo il direttore di Wired continua a girare il mondo spiegando “La coda lunga“, che è poi il titolo della versione italiana del libro “The long tail“. Anderson sostiene che il prodotto che va bene a tutti non esiste più, il mercato si sta dirigendo verso tanti mercati di nicchia, sostenibili e di successo solo grazie all’avvento di Internet.

Sarà un caso ma anche lui cita iTunes come primo esempio del cambiamento del 21esimo secolo. Se nei negozi tradizionali c’è spazio per qualche migliaio di CD musicali, su Internet lo spazio è infinito e, infatti, la disponibilità in catalogo di sei milioni di brani accontenta un gran numero di amanti della musica. Dopo il picco del 2002 le vendite di grandi successi sono crollate, contemporaneamente l’offerta si è moltiplicata.

Analogo trend per gli spettacoli più visti su pochi network televisivi contro successi medi inferiori ma più diffusi su centinaia di canali. I servizi online di film su DVD contro i negozi Blockbuster. E via così con altri esempi.

Il grafico della “coda lunga” è la dimostrazione che su Internet può nascere un nuovo tipo di commercio dove, finalmente, i “piccoli” non sono discriminati ma possono trovare la chance giusta. E dirlo in Italia sembra ad Anderson il posto più giusto, qui le aziende di moda, vino, cibo e design devono sfruttare la loro eccellente nicchia di mercato per offrire il meglio al vasto pubblico del web. “Small is the new big” è lo slogan che conia Anderson mentre mostra la mappa dei collegamenti della compagnia aerea low cost per ecccellenza, Ryanair, capace di trasportare gente da Pisa a Liverpool e da Trapani a Brema, evitando di concentrarsi sulle (presto ex) destinazioni di massa.

Chris Anderson si è poi simpaticamente fermato al termine della conferenza per autografare il suo libro, venduto sia in versione originale che tradotta. E’ stata l’occasione per setteB.IT di scambiare qualche parola con il direttore della rivista che, prima della sua direzione, elencava puntualmente nel colophon l’hardware e software utilizzato per realizzare il magazine caratterizzato dall’abuso dei colori fluo. “Siamo la rivista più hi-tech e poi elenchiamo computer e sistemi operativi sorpassati, c’erano Mac vecchi di tre anni e Windows di vecchia generazione, era una cosa imbarazzante, ho deciso di cancellare quella parte, senza rimorsi” ci racconta il 47enne giornalista.

Solo un giornalista con il suo blasone poteva permettersi, nell’autunno scorso, di sfogarsi pubblicamente sul suo blog contro centinaia di uffici stampa che lo avevano sommerso di comunicati impersonali: “ho pubblicato online la lista dei loro indirizzi email perché non ne potevo veramente più, a me non interessano le cose che mi spediscono, se vogliono dirmi qualcosa mi dovrebbero scrivere un messaggio personale, io leggo ed eventualmente rispondo a tutti i messaggi che mi arrivano”. Qualcuno ha provato a “vendicarsi”, fuori e dentro le aule di tribunale, ma lui ha il potere di non curarsi di loro. Se pensiamo che per altri è addirittura complicato farsi inviare dette comunicazioni, per spulciare le notizie tra tanto ciarpame, è chiaro il diverso trattamento.

Descrivendo brevemente setteB.IT ad Anderson, ci confessa: “non è che non usi i prodotti di Apple, ho anche io in tasca un iPhone, eccolo, tuttavia per le mie esigenze (la robotica) non è pratico il Mac, è un mondo tutto su Windows, certo la mia redazione è piena di Mac, la stragrande maggioranza dei redattori usa questi computer” e poi conclude con un luogo comune che ci sorprende “il Mac è più adatto ai creativi”.

Chissà se un giorno, magari non lontano, Wired sbarcherà anche nel nostro paese con un’edizione italiana? Più che certezze Anderson ha domande: “pensate che ci sia spazio in Italia per questo tipo di stampa?”.

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